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mercoledì 9 settembre 2009

Sai...


Sai, quasi duenne,


cosa non sopporto di te?


Che urli urli dalla mattina alla sera.


Quegli urli striduli che ti penetrano la mente.
Sai cosa non mi piace di te?

Che scappi per la strada e non dai la mano,

che pesti i piedi a terra,

che sputi, e mordi e picchi.

Ma da chi le hai imparate poi queste cose?


Sai cosa penso di te?
Che sei testardo, caparbio e cocciuto

ma, questo, ti porterà lontano.


Sai cosa mi fa impazzire di te?

Che ne combini una e poi un altra e

te la ridi sotto i baffi.

Sai cosa ho ricordato di te?

Che quando sei nato ero tanto presa

dal pensiero di tuo fratello a casa con i nonni

che tu una lettera d'amore non ce l'hai....

Sai cosa mi piace di te?

Quando accarezzi Alessio addormentato

e ti porti il ditino al naso intimandoci di stare zitti

e lo baci tutto.

Sai cosa mi fa ridere di te?

Quando all'improvviso a squarciagola,

anche in mezzo alla strada,

improvvisi le tue canzoncine stonacchiate.

Sai cosa è dolcissimo di te?

Quel tuo modo di correre,

con le gambine cicce che si sfiorano un po',

ad abbracciarmi stretta

per poi sfiorarmi le labbra con le tue.

Sai cosa penso sul serio?

Che non basterebbero cento lettere d'amore

per dirti cosa amo di te.

Tra due giorni saranno due anni

che la mia vita è ricca.

Ricca di te.

martedì 27 gennaio 2009

26 luglio 2005


26 luglio 2005

Ho pianto.
Sapevo l’avrei fatto…
Ma non credevo, non riuscivo a immaginare e non riuscirò mai a spiegare quanta emozione, quanto il fiato venga a mancarti, la sensazione che il cuore ti si fermi per un attimo.
E si è fermato.
Si è fermato mentre con gli occhi non mi lasciavo sfuggire ogni centimetro della tua pelle, ogni tua espressione, ogni tuo singolo movimento.
Tutti intorno continuavano indaffarati ma io non sentivo, non vedevo, avevo occhi solo per te.
E ho trattenuto il respiro per ascoltarti e ho fermato i battiti del mio cuore affinché il suo rumore non coprisse la tua voce.
Ho sognato.
Ho sognato una vita quell’attimo.
Quell’attimo in cui avrei, finalmente, incontrato i tuoi occhi, sfiorato la tua pelle, carezzato le tue mani, i tuoi piedini cuccioli.
Ma la realtà non può mai spiegare l’immaginario.
La realtà è palpabile, vera,
rimane.
Mi sembra tutto così strano.
Abbiamo condiviso nove mesi di emozioni, di vita insieme… strettamente insieme, di attimi, di sensazioni.
E,ora, mentre ti osservo in questo letto di ospedale con la luce del corridoio che illumina il piccolo viso sereno mi sento piccolissima.
Nell’attimo stesso che ti ho visto per me non è esistito più nulla.
Mio figlio.

Le lacrime scivolano sulle mie guance bagnando la tua testolina adagiata nell’incavo del mio braccio.
Dormi sereno.
Piango.
Dormi amore.
Piango.
È troppo emozionante.
Il tuo respiro è sincrono al mio i nostri corpi adesi mi permettono di sentire il tuo cuore che batte veloce.
Dopo nove mesi e tutto quello che abbiamo passato dal rischio di perderti all’urgenza io ti sento ancora dentro di me.
Non hanno ancora tagliato il cordone
Siamo ancora un tutt’uno.
Lo saremo per sempre.
Sei bellissimo amore.
Un pulcino piccolo in una tutina che ti fa sembrare ancora più indifeso.
Le infermiere passeggiano indaffarate nel corridoio.
C’è molto da fare stanotte molti parti, molti ricoveri.
Pensa di questo trambusto me ne rendo conto solo ora che distolgo per un attimo gli occhi da te.
Vorrei che il tuo papà fosse qui, con noi.
Anche lui ha pianto quando ti ha visto.
Già ti ama.
Il suo modo di guardarti stasera quando, per la prima volta, ti ha tenuto tra le sue braccia grandi, parlava per lui, per noi più di quanto le parole stesse non possano dire.
Dormi amore.
Sentiti protetto dalla tua mamma.
Sono qui e ti proteggerò sempre… dopo averti così tanto cercato, aspettavo, voluto.
Inspiegabile perfezione.
E io mi domando cosa di così superiore agli uomini crei una perfezione da lasciare sconcertati, da avvicinare alla Fede, che ti da speranza.
Mi volto ad osservare Laura, la mia compagna di stanza, si è addormentata dopo un ultimo sguardo all’incubatrice.
È piccolo come Alessio.
Un prematuro ma con tanta voglia e forza di crescere.
Mi rivolto verso di te e qualsiasi nome io abbia scelto per te in questo momento lo scordo.Per me ora sei solo AMORE.

primo incontro

27/08/2008

I miei figli…
Parlo così poco di loro ma, a volte, temo che con le parole non si renda loro merito poi, penso, un giorno rileggerò queste parole e, come una finestra aperta in un giorno di sole, mi scalderanno il cuore e socchiudendo gli occhi rivivrò ogni attimo.
Come una stanza di libri impolverati le parole ritroveranno forma.
Rispolverando cassettini del cuore mai dimenticati, ma sopiti,
come frammenti di barche portati dalle onde placide che carezzano la riva nei momenti di malinconica
quiete dopo la tempesta.E ogni tanto mi lascio cullare e mi faccio piccola in una barchetta di gheriglio di noce nel fiume dei ricordi.

Partirei dal primo incontro e attraverso il racconto, l’incrociarsi di aneddoti e fatti dipingere il loro essere.
O meglio dal pre incontro
Non c’è da stupirsi se tutte le volte che Alessio toccava la pancia Andrea dal suo interno, specie gli ultimi mesi , reagisse con movimenti e calcetti.
Sentiva il fratello in un modo pazzesco.
La prima volta che Alessio venne in ospedale rimase scioccato vedendomi lì…
Pianse tutto il tempo nella strada di ritorno verso la casa dei nonni.
Pianse tutta la notte, nel sonno.
Alessio è un animo sensibile.
Troppo sensibile a volte.
E non sai che corde toccare per non ferire quel suo, complicato e fragile, mondo interiore.
La seconda volta che venne era il giorno del cesareo.
Avevo il terrore che, visto il dramma vissuto il giorno prima, trovandomi così sdraiata a letto e sofferente potesse starci male di nuovo.
Ma lui voleva venire e, d’altra parte, portargli Andrea dopo a casa così, senza il suo coinvolgimento, poteva portare solo al peggio.
Su questo ne ero certa.
Alessio voleva vivere quegli attimi e coinvolgerlo era l’unico modo per renderlo partecipe e quindi dare lui la giusta importanza.
Non ci fu una grande reazione invece.
Ritrovarmi dove mi aveva lasciato lo tranquillizzò.
Passò tutto il tempo attaccato al vetro della stanza nursery così come fece poi negli altri tre giorni precedenti le mie dimissioni.
Appena la tendina scorrevole si alzò rivelando quel mondo ottundato, di copertine calde e di occhietti socchiusi, al vociare rumoroso e curioso dei parenti delle mie colleghe di avventura Alessio appiccicò il suo naso contro il vetro poggiato saldamente alla spalla del “suo” nonno.
Non servì che un breve sguardo e ancora mi chiedo casualità? Sensazione? Richiamo?
E quel ditino si fermò in seconda fila dalla parte opposta a dove Alessio si trovava.
Dalla culletta inclinata un po’ sommerso sotto le coperte faceva capolino il viso di un bimbo.
“ mio bimbo andeda” disse certo e non si sbagliava.
I giorni successivi indicava nel vetro che oltre quello, che come facesse a riconoscere sempre non lo so, ne voleva altri due o tre… ma questo feci finta di non sentirlo…. Ah ah ah


IL PRIMO INCONTRO.

Il giorno delle dimissioni è sempre il giorno più bello.
Tornare alla propria casa.
Avevo preparato un vestitino per l’uscita messo in valigia proprio per l’occasione picchè di cotone azzurro, con un orsetto marinaio, e giacchetta coordinata molto molto fine.
Ma in quel momento finite le routinarie visite il mio unico pensiero fu: fuori … a casa.
Così lasciai indosso ad Andrea quel vestitino verde e arancione in cotone con le maniche lunghe che gli avevo messo la mattina.
Quella tutina non l’avevo comprata io.
D’un tratto il caldo settembre, dei giorni precedenti il mio ricovero, aveva lasciato il posto ad un freschissimo settembre e io, che non avevo preparato cosine a manica lunga, avevo mandato di tutta corsa mia mamma a comprare qualcosa di più adatto.
Arrivò con due tutine molto colorate una azzurra e gialla e l’altra verde e arancione.
Mettevano allegria a vedersi non erano le solite tutine azzurre.
E io quel mattino avevo scelto quella verde e arancio…
Arrivai a casa e, mentre salivo le scale con la navetta, un Alessio fibrillante di allegria e gridolini di gioia mi urlava riferito al fratello, che i giorni prima non aveva che potuto vedere tramite un freddo vetro, “mamma l’ hai preso allora l’ hai portato via…”.
Posai la culletta sul divano e mentre Alessio scalpitava per volerlo toccare e baciare mi accorsi di una cosa.
Naturalmente avevo dato a mia mamma un po’ di cambi per i giorni in cui Alessio era stato da lei tra cui una maglietta che, a dirla tutta, non so chi me l’avesse regalata ma ricordo benissimo che a inizio stagione gli stava ancora un po’ larga e, per questo motivo, non gliela avevo mai messa.
Era la prima volta che Alessio indossava quella maglia.
Ciò che si presentò ai miei occhi increduli fu questo:
neanche ci fossimo messe d’accordo …



Mi fermo a guardarli....

27/08/2008
E ogni tanto mi fermo a guardarli,
da lontano,
come uno spettatore ,
e resto affascinata.



Mi scosto leggermente da loro,
i riflessi allertati pronti a scattare
ad un impercettibile cenno di pericolo,
il respiro reso più silenzioso
lo sguardo furtivo
fintamente posato altrove.
E li guardo
Stanno crescendo.
Insieme
Uniti.
Belli… certo per quale madre non sarebbero belli?
I propri figli.


E allora, solo in quel momento, mi accorgo
come se fino a pochi attimi prima
i miei occhi stessero guardando
ma non cogliendo
tutti i gesti d’amore,
che poi scimmiottano i nostri,
quelli che noi rivolgiamo loro..
Ogni giorno, ogni istante.
E allora una mano ancora imprecisa
di Andrea afferra il viso di Alessio
In quella che appare una buffa carezza
Ma è già un dolcissimo gesto d’amore.
E fingo di mettere i calzini nel cassetto,
Li guardo di soppiatto ,
Sono girata
Ho tre occhi
Due fanno attenzione il terzo occhio
Click
Coglie l’attimo.
Ferma il tempo.
Mi permetterà di rivederli sempre così.
Alessio afferra i piedini nudi di Andrea
Li annusa, ride,
si butta a fianco del fratello
che lo guarda, ancora incapace di comprendere, ma
si lascia coinvolgere e ride
ride anche lui
Alessio si solleva afferra un piedino
E lo bacia
gesto carico, intenso, inspiegabile
d’amore.


E ogni tanto mi fermo a guardarli…
rapita,
incredula
d’aver creato io quei due gioielli che brillano di luce propria
e, che, di cotanta luce riempiono le mie giornate.
Risate argentine
Rimbombano tra le mura,
irrompono in un silenzio che solo a tornare indietro con la memoria
pare così insopportabilmente vuoto e triste prima che loro due fossero tra di noi.
Completezza di un gesto,
quello dell’unione tra un uomo e una donna bambina che più di una volta,
combattendo insieme, uniti ,
quel loro amore hanno voluto difendere
hanno voluto crederlo
hanno deciso di viverlo…
e mi fermo a guardarli
Alessio guarda Andrea serio gli
Occhietti nocciola di uno persi negli occhi scuri e intensi dell’altro
Si parlano si capiscono
Gelosa io di questo codice cifrato
Fiera madre io di questo rapporto fraterno
Si sorridono
E di nuovo Alessio si china verso il fratello,
bacia la sua mano,
sbottona il suo body,
inizia con gesti goffi ma precisi nell’arduo compito del cambio pannolino.
Il fratello lo lascia fare
Tacita fiducia
“ no solo pipì” ride di gusto …